Roma, 2 Luglio 2019 – Da appartamento frutto di proventi della criminalità organizzata a casa alloggio per papà separati. A Fonte Nuova, comune dell’hinterland est di Roma, il progetto ConTesto Papà prevede di offrire una soluzione abitativa a quei padri, residenti a Roma o nell’Area della Città Metropolitana, che dopo la separazione vivono situazioni di disagio economico e che, in mancanza di una sistemazione adeguata, vedono compromesso il loro rapporto con i figli.
Un progetto, ideato dalla cooperativa sociale onlus La Lanterna di Diogene, che ha vinto il bando lanciato dalla Regione Lazio nell’ottobre 2017 “per l’assegnazione in concessione d’uso, a titolo gratuito, di beni immobili confiscati alla criminalità organizzata”. Un appartamento di circa 100 metri quadrati dove alloggeranno due nuclei monogenitoriali, due papà, che potranno anche ospitare i propri figli per dodici mesi prorogabili per altri sei mesi.
«Abbiamo scritto questo progetto e lo abbiamo chiamato ‘ConTesto Papà’ dandogli una duplice interpretazione. Leggendo ‘Contesto Papà’ intendiamo rispondere all’esigenza di un padre che spesso dopo la separazione è costretto a uscire di casa, e a cui serve un supporto. E poi leggendolo ‘Con-Te-Sto Papà’ lo abbiamo pensato anche dalla parte del figlio che ha il diritto di mantenere quella quotidianità, nonostante la separazione dei genitori» ci spiega Caterina Simei, presidente della cooperativa Lanterna di Diogene.
Uno spazio che, nei nove anni di concessione d’uso del bene previsti dal bando, potrà vedere alternarsi fino a 18 papà che saranno supportati da un’equipe multidisciplinare con uno psicologo, un assistente sociale e un educatore che lavoreranno per sostenerli. «L’idea è di poter dare a questi padri una casa, dove ci sono anche delle camerette per i figli che, se il Tribunale lo permette, potranno dormire e stare con il papà. E al tempo stesso i papà separati potranno sentirsi supportati e diventare autonomi. Loro sanno che questo è un appoggio temporaneo durante il quale avranno modo di capire come ricominciare. E da qui dovranno trovare le capacità, le risorse per andare avanti da soli – ci dice Caterina Simei – Ci sono papà che devono tirare fuori delle competenze che magari avevano, e devono cominciare a prendersi cura da soli dei figli. E poi, oltre al nostro supporto, c’è anche un’idea di solidarietà: è bello che due padri possano condividere insieme questa esperienza di alloggio».
Alla base del progetto c’è poi un impegno altrettanto importante portato avanti dalla cooperativa: «L’idea è anche di restituire alla comunità, al territorio un qualcosa che noi abbiamo ricevuto per i prossimi nove anni come bene confiscato. Volevamo fare qualcosa che restituisse questo bene al territorio in favore di qualcuno che ha effettivamente bisogno. Certo è un appartamento quindi si può dare risposta a poche persone, ma in maniera significativa visto che i papà separati sono i nuovi poveri, secondo noi – precisa la presidente Simei – Abbiamo voluto mettere a conoscenza la comunità che c’è questo bene che era della criminalità, che ci è stato dato in concessione e che noi vogliamo riportare all’attenzione degli altri con un progetto di cui andiamo molto fieri».
L’occasione è stata l’inaugurazione del progetto, fatta a inizio giugno, nell’aula consiliare del Comune di Fonte Nuova a cui hanno partecipato anche tanti ragazzi di due istituti comprensivi del territorio. Scuole, realtà con cui la cooperativa collabora e ha avviato progetti ad hoc, come il laboratorio sulla legalità e la cittadinanza attiva rivolto agli adolescenti tra gli 11 e i 17 anni. «Quando abbiamo inaugurato la casa abbiamo invitato gli alunni dell’istituto comprensivo di Fonte Nuova per partecipare a questo evento di legalità – aggiunge Caterina – Dallo scorso novembre infatti portiamo avanti un progetto, Atelier Koiné, che ha vinto un bando nazionale per il contrasto alla povertà educativa e nel quale ci sono una serie di attività destinate agli adolescenti, tra cui un laboratorio sulla legalità. Prima dell’incontro, alcune colleghe sono andate nelle classi e hanno spiegato cos’è la mafia, cos’è un bene confiscato. Sono laboratori non teorici ma pratici, ti faccio vedere cos’è la legalità, la possibilità di prendere un bene di questo tipo e farci qualcosa di socialmente utile».
Una confisca andata a buon fine, prima che il bene si deteriorasse. Di quell’attico confiscato nel 2011 a Franco Gizzi, considerato il boss dell’omonimo clan con base nella zona sud est della Capitale ai Castelli romani, e acquisito al patrimonio indisponibile della Regione Lazio nel 2016, resta un bene immobile bonificato e preso in gestione dalla cooperativa sociale che sta terminando i lavori di ristrutturazione, necessari per l’arrivo dei primi papà separati previsto dopo l’estate. «La casa era in discreto stato. Abbiamo fatto lavori di ristrutturazione per renderla abitabile. Mancavano le porte, i bagni non erano utilizzabili e parte del pavimento era mancante. Era già previsto dalla Regione un sopralluogo, prima della partecipazione al bando. Abbiamo dato quindi una sistemata, anche per adattare la casa alla presenza di bambini – puntualizza Caterina Simei – Intanto lavoriamo in rete con i servizi sociali, e stiamo individuando i papà che verranno ospitati nell’appartamento. Lavoriamo molto in rete sul territorio, come avviene nella comunità alloggio Agape che si trova a Fonte Nuova ad esempio, e l’idea che tutte queste reti, che abbiamo costruito nel tempo, possano essere riutilizzate e valorizzate a supporto anche di questi padri è utile. Si tratta di un aiuto in più che può mettere quel papà nella condizione di capire che non è solo».
Un faro acceso nella provincia romana e puntato su realtà poco conosciute, tanto quelle dei beni confiscati quanto quella dei papà separati a rischio povertà. Per entrambi la sfida è riuscire a ricominciare daccapo, un impegno accolto “con parole di gratitudine” dalla comunità locale e che può salvare il futuro di tanti. «Per un figlio è fondamentale sapere dove è andato il papà, saperlo al sicuro, sotto un tetto. E andarlo a trovare. Anche perché stare con il figlio non significa solo portarlo al cinema, andare a prendere il gelato. Tra il lunedì e il venerdì c’è altro: c’è vedere una serie tv in poltrona, giocare insieme, come hanno sempre fatto nel periodo in cui erano a casa insieme – ci precisa con convinzione la dottoressa Simei – Questo ci ha motivato tanto nello scrivere il progetto, nel pensarlo. Tu è vero che aiuti un papà, ma in realtà stai facendo un lavoro trasversale che ricade sui figli, e di conseguenza sulla società». E così un bene strappato alle mafie torna bene comune.
Fonte www.neifatti.it
Autrice Anna Giuffrida